La Collezione Ingrao
Quando mi fu affidato, nell’anno 2000, il restauro della Collezione Ingrao, mi ritrovai di fronte ad una serie infinita di dipinti (più di duecento opere) che il collezionista aveva acquisito nel corso di tutta una vita.
Il Futurismo
Tra le più interessanti ci sono senza dubbio le opere degli artisti del movimento Futurista, da Umberto Boccioni, (31 opere), Giacomo Balla, Carlo Carrà, Gino Severini che furono tra i fondatori del manifesto futurista insieme a Marinetti a Mario Sironi, Ardengo Soffici, Ottone Rosai che facevano parte del secondo fututrismo, a Fortunato Depero, Crali, Cominetti, Mino Maccari e molti altri ancora.
Il collezionista Francesco Paolo Ingrao, non potendo entrare in possesso delle opere dei maggiori esponenti del futurismo per il semplice motivo che molte erano già nei musei o di proprietà privata, concentrò il suo interesse di collezionista sul periodo storico precedente e successivo.
“Un abbraccio moderno-contemporaneo, dalla metà dell’Ottocento attraverso il XX secolo, che documenta i movimenti artistici di Roma, dal Secessionismo degli anni Dieci agli anni della Seconda Guerra Mondiale, dal dopoguerra agli anni Ottanta.” – Giovanna Dall’Ora
DUE TESTE
Storia del dipinto di Umberto Boccioni
Materico, con energiche pennellate cariche di colore e spessore, come spesso soleva dipingere l’artista. La curiosità è che al momento del mio intervento quasi tutte le grossezze di colore risultavano schiacciate e appiattite e non a causa di un precedente e maldestro intervento di restauro, ma solo perché, da racconti verosimili, il dipinto quando era ancora di proprietà della sorella dell’artista, era stato utilizzato come decorazione del piano di un piccolo tavolo da tè sul quale era stato posto un vetro come protezione.
Prendendo in esame la tela si osservava chiaramente che il dipinto era ritagliato nei quattro lati. Probabilmente faceva parte di un opera più grande, oppure, più semplicemente era stato tagliato per adattarlo alle dimensioni di una cornice o del tavolo da tè.
La tela che aveva utilizzato Boccioni era sicuramente di recupero, visto che dai bordi si poteva capire con chiarezza che c’era un altro dipinto al di sotto.
Sul retro del dipinto era presente la firma di Boccioni, quindi su mia proposta, in accordo con la Direttrice dei lavori Dott.ssa Lucia Siddi della Soprintendenza di Cagliari e la Dott.ssa Annamaria Montaldo, direttrice della Galleria Comunale d’Arte moderna di Cagliari, si è deciso di evitare la foderatura del dipinto e di procedere ad un intervento meno invasivo ma altrettanto efficace.
Oggi il dipinto si può ammirare nelle sale della Galleria Comunale d’arte moderna di Cagliari insieme a tutta la Collezione Ingrao e alla Collezione degli artisti sardi del ‘900.
Gianfranco Malorgio